Per una volta, vorrei parlare di maglia non in quanto hobby ma in quanto professione. Esistono persone che fanno dlla maglia una professione, realizzando capi a pagamento. Questi capi sono sempre, a mio avviso, sottopagati. Fanno parte di un mercato asfittico, pulviscolare, scoordinato in cui ogni artigiana è isolata dalle altre e quindi deve sottostare a una richiesta che valuta il capo realizzato a mano alla stessa stregua con cui valuta il capo industriale. Di fatto, i prezzi sono livellati senza alcuna differnza tra il prezzo di un capo realizzato industrialmente, magari in Cina da operai sottopagati anche per gli standard locali, e un capo realizzato su misura, sia a macchina che a mano, in Italia.
Come professionsita, sono abituata a valutare il mio lavoo in funzione del tempo che impiego a arlo. Chiunque lavori per proprio conto, tiene sempre in mente che un lavoro, soprattutto se ha caratteristica di episodicità, non può essere vneduto a meno di una certa cifra. Poi c'è la questione della presneza sul mercato di più fornitori per los tesso bene/servizio. La concorrenza non è solo al ribasso sui prezzi ma, soprattutto per le lavorazioni di tipo artistico, deve essere basata anche sulla qualità: se a pari qualità sceglierò il fornitore che mi fa il prezzo migliore per il bene/servizio finito, per una realizzazione totalmente a mano di un prodotto di artigianato artistico di qualità opterò per il fornitore che è in grado di darmi il miglior prpdotto possibile, anche se più caro.
Questo ragionamento, poi, s'intersecano con quelli che avvengono sui messageboard in rete, come in questo caso. L'autrice, a fronte di una lavorazione protrattasi per un tempo di durata incerta tra le 12 e le 20 ore, è insicura se chiedere una cifra (al netto del materiale) di 30 euro: le pare troppo! Anche considerando l'ipotesi più bassa, quella di 12 ore, 30 euro corrispondono a 2,5 euro l'ora. Non credo che in Italia esista un artigiano che lavora per 2,5 euro l'ora. Tolte le sfortunate che hanno trovato lavoro solo in sottoscala clandestini, magari come quello di materassi ad Afragola dove un paio d'anni fa sono morte due donne in un incendio, non esistono in Italia operai che percepiscono una remunerazione di 2,5 euro l'ora, che corrisponderebbero a uno stipendio di poco più di 400 euro al mese per un impiego a tempo pieno.
Una magliaia che produce capi unici a mano non può valere meno di un qualsiasi tübista o legnamé (idraulico o falegname). La sapienza che deve mettere nel suo lavoro non sono inferiori a quelli che ci mette un sarto. Ma allora perché la magliaia si fa pagare quanto, anzi meno dato che non ha continuità di lavoro, il titolare di uno di questi sweatshop paga le sue operaie, sfruttandosi in maniera grottesca e contemporaneamente depauperando ulteriormente il mercato? E ancora, il basso costo orario del lavoro a maglia a mano influisce sulla bassa percezione di questa forma di artigianato?
Come professionsita, sono abituata a valutare il mio lavoo in funzione del tempo che impiego a arlo. Chiunque lavori per proprio conto, tiene sempre in mente che un lavoro, soprattutto se ha caratteristica di episodicità, non può essere vneduto a meno di una certa cifra. Poi c'è la questione della presneza sul mercato di più fornitori per los tesso bene/servizio. La concorrenza non è solo al ribasso sui prezzi ma, soprattutto per le lavorazioni di tipo artistico, deve essere basata anche sulla qualità: se a pari qualità sceglierò il fornitore che mi fa il prezzo migliore per il bene/servizio finito, per una realizzazione totalmente a mano di un prodotto di artigianato artistico di qualità opterò per il fornitore che è in grado di darmi il miglior prpdotto possibile, anche se più caro.
Questo ragionamento, poi, s'intersecano con quelli che avvengono sui messageboard in rete, come in questo caso. L'autrice, a fronte di una lavorazione protrattasi per un tempo di durata incerta tra le 12 e le 20 ore, è insicura se chiedere una cifra (al netto del materiale) di 30 euro: le pare troppo! Anche considerando l'ipotesi più bassa, quella di 12 ore, 30 euro corrispondono a 2,5 euro l'ora. Non credo che in Italia esista un artigiano che lavora per 2,5 euro l'ora. Tolte le sfortunate che hanno trovato lavoro solo in sottoscala clandestini, magari come quello di materassi ad Afragola dove un paio d'anni fa sono morte due donne in un incendio, non esistono in Italia operai che percepiscono una remunerazione di 2,5 euro l'ora, che corrisponderebbero a uno stipendio di poco più di 400 euro al mese per un impiego a tempo pieno.
Una magliaia che produce capi unici a mano non può valere meno di un qualsiasi tübista o legnamé (idraulico o falegname). La sapienza che deve mettere nel suo lavoro non sono inferiori a quelli che ci mette un sarto. Ma allora perché la magliaia si fa pagare quanto, anzi meno dato che non ha continuità di lavoro, il titolare di uno di questi sweatshop paga le sue operaie, sfruttandosi in maniera grottesca e contemporaneamente depauperando ulteriormente il mercato? E ancora, il basso costo orario del lavoro a maglia a mano influisce sulla bassa percezione di questa forma di artigianato?
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